I SIGNORI DEL CIBO di Stefano Liberti – PARTE 1: MAIALE

Un Libro al giorno prosegue con le letture impegnate e i libri inchiesta di Stefano Liberti. Era da un po’ che dovevo leggere questo saggio, ma non ne avevo il coraggio… Poi ho deciso di ripercorrere insieme a voi un cammino che mi sta portando sempre più verso una scelta di tipo vegetariano…Ideale prosecuzione di Land Grabbing, questo libro ci fa compiere un viaggio choc nel mondo dell’industria alimentare…

I signori del cibo. Viaggio nell’industria alimentare che sta distruggendo il pianeta

Autore : Stefano Liberti

Lunghezza stampa: 352 p

Editore: minimum fax

Prima Pubblicazione: 22 settembre 2016)

 

I signori del cibo. Descrizione

Secondo previsioni dell’Onu, nel 2050 saremo 9 miliardi di persone sulla Terra.

Come ci sfameremo, se le risorse sono sempre più scarse e gli abitanti di paesi iperpopolati come la Cina stanno repentinamente cambiando abitudini alimentari?

La finanza globale, insieme alle multinazionali del cibo, ha fiutato l’affare: l’overpopulation business.

Dopo A Sud di Lampedusa e il successo internazionale di Land grabbing, Stefano Liberti ci presenta un reportage importante che segue la filiera di quattro prodotti alimentari – la carne di maiale, la soia, il tonno in scatola e il pomodoro concentrato – per osservare cosa accade in un settore divorato dall’aggressività della finanza, che ha deciso di trasformare il pianeta in un gigantesco pasto.

Un’indagine globale durata due anni, dall’Amazzonia brasiliana dove le sconfinate monoculture di soia stanno distruggendo la più grande fabbrica di biodiversità della Terra ai mega-pescherecci che setacciano e saccheggiano gli oceani per garantire scatolette di tonno sempre più economiche, dagli allevamenti industriali di suini negli Stati Uniti a un futuristico mattatoio cinese, fino alle campagne della Puglia, dove i lavoratori ghanesi raccolgono i pomodori che prima coltivavano nelle loro terre in Africa.

Un’inchiesta che fa luce sui giochi di potere che regolano il mercato del cibo, dominato da pochi colossali attori sempre più intenzionati a controllare ciò che mangiamo e a macinare profitti monumentali. Questa inchiesta è stata realizzata grazie al sostegno di Fondazione Charlemagne Onlus e Coop

I SIGNORI DEL CIBO. LA FILIERA DEL MAIALE

Fa impressione parlare di “FILIERA DEL MAIALE”, come se si trattasse di carta o un’altra merce…in effetti questo è diventato il nostro cibo. Una merce.

Dall’introduzione (p 5 – 7):

«Quest’inchiesta cerca di ricostruire il processo che ha portato il cibo a diventare una merce, scambiata sui mercati internazionali da aziende che ne controllano la produzione, la trasformazione e la commercializzazione. Gran parte del settore alimentare è ormai in mano a pochi grandi gruppi, che ne gestiscono meccanismi e modalità di produzione, imponendo le proprie strategie industriale e definendo il sapore di quello che mangiamo…

Il processo di concentrazione della produzione del cibo è cominciato alcuni decenni fa negli USA e si è espanso in tutto il mondo verso la fine del secolo scorso. A partire dal 2007, ha subito un’ulteriore accelerazione in seguito all’irrompere sulla scena della grande finanza…

Molti gestori di fondi d’investimento e banche d’affari hanno cominciato a puntare sulla produzione sulla commercializzazione di beni alimentari… Il cibo è diventato il nuovo terreno di conquista del capitale speculativo»

Liberti parla di “AZIENDE LOCUSTA“, nate dall’alleanza tra grandi gruppi alimentari e fondi finanziari. Si tratta di

«gruppi interessati a produrre su larga scala al minor costo possibile…hanno come unico scopo il profitto, nel più breve tempo possibile. E sfruttano le risorse in modo intensivo, fino al loro totale dissipamento: esaurite le capacità di un luogo, passano oltre, proprio come uno sciame di locuste»

Per cercare di “ricostruire e raccontare il sistema alimentare globale”, il giornalista ha studiato QUATTRO PRODOTTI SPECIFICI:

LA CARNE DI MAIALE, LA SOIA, IL TONNO IN SCATOLA E IL POMODORO:

«Si tratta della carne più consumata al mondo, del legume che registra la crescita più spettacolare, del secondo prodotto del mare più commercializzato (dopo i gamberetti) e del frutto più diffuso del pianeta. Si tratta, soprattutto, di elementi fondanti della dieta di gran parte della popolazione mondiale…

Tutti e quattro riuniscono ..le caratteristiche principali del nuovo sistema globale del cibo: grande concentrazione nelle mani di pochi, coinvolgimento della finanza e lontananza tra il luogo di produzione e quello di consumo»

Scopo ultimo del libro è quello di lanciare un avvertimento:

«l’attuale sistema alimentare globalizzato non è più sostenibile. Le risorse disponibili non  sono sufficienti. E’ necessario cambiare abitudine, modificare i costumi alimentari, riflettere sull’assurdità di filiere lunghe decine di migliaia di km e di cibo venduto a costi infimi»

CAPITOLO 1: L’IMPERO DEL SUINO

IL capitolo 1 è dedicato a L’IMPERO DEL SUINO  e ci fa percorrere un viaggio dalla Cina agli Stati Uniti. Perché «il più grande trasformatore di carne suina del mondo» è, dal 2013, la cinese SHUANGHUI, che ha acquisito l’americana Smithfield Food (il maggiore produttore e trasformatore di maiali del Nordamerica) (clicca QUI per maggiori dettagli. La Shuanghui è la nuova proprietaria della FIORUCCI!).

E bravi i Cinesi…Nel libro, molti degli americani intervistati da Liberti hanno sottolineato come “ai Cinesi la carne, agli americani la merda”. Infatti il metodo di allevamento di questi poveri animali, in quelli che si chiamano CAFO, cioè Concentrated Animal Feeding Operations (In lingua italiana: OPERAZIONI DI ALLEVAMENTO DI ANIMALI CONCENTRATI), oltre alle disumane condizioni di vita dei nostri fratelli porcelli, comporta notevoli problemi di inquinamento ambientale. Ricordiamo che un maiale produce il triplo delle feci di un uomo…oltre alla puzza, le infiltrazioni nella falda acquifera hanno reso inservibile l’acqua di tutto il Midwest…

Viene anche evidenziato come

«su nessun prodotto è raffigurato il maiale…per nulla al mondo la carne deve essere associata all’animale da cui proviene».

Il consumatore

«non deve associare quello che ha nel piatto con il dolore di un essere senziente».

In Cina, dalla metà degli anni Novanta del XX secolo, si assiste ad un cambiamento vertiginoso della società in tutti i settori. In particolare, nel settore agro-alimentare si stanno riproducendo modelli copiati dagli USA:

«Il governo centrale…ha deciso di favorire la concentrazione delle aziende di allevamento intensivo, macellazione e commercializzazione. La parola d’ordine è “integrazione verticale”: i grandi gruppi sono invitati…ad assumere il controllo di tutte le operazioni»

Dalla culla alla tomba, potremmo dire…

e la tendenza è di tutti i campi dell’agro-alimentare, con gravi conseguenze sociali. In pratica, 250 milioni di contadini hanno lasciato le campagne e si sono trasferiti in città. A p 19, Liberti scrive :

«Il maiale in Cina non è un semplice elemento della dieta; è una questione di sicurezza nazionale»

Come reagirebbe gli oltre mille milioni di Cinesi se non potessero mangiare carne a prezzi abbordabili? Addirittura, «Il Partito Comunista Cinese ha deciso di mettere in piedi una “riserva strategica di carne di porco”».

Per cercare di capire dove andremo, Liberti ricostruisce la storia dell’allevamento intensivo di animali in Nord America. Tutto cominciò con i polli e fu poi trasferito agli altri allevamenti, dai maiali ai vitelli. Tutti gli animali

«trascorrono tutta la loro vita ristretti in spazi angusti, in cui vengono nutriti con un pappone di mais, soia e  una serie di antibiotici e additivi vari, per farli crescere più rapidamente ed evitare la diffusione di malattie dovute alla loro alta concentrazione»

In pratica, gli animali da allevamento sono diventati PURA MERCE INDUSTRIALE

«Con un proprio prezzo di mercato».

Tutto standardizzato, tutto uguale, tutto con lo stesso sapore. Che mangiate da McDonald’s o compriate la vostra carne dal macellaio, non cambia nulla. A p 44, la frase che mi ha colpito come un pugno nello stomaco:

«Non si tratta più di animali, ognuno con le proprie differenze genetiche e caratteriali, ma di automi destinati ad un unico scopo: fornire carne per il consumo umano»

Al di là delle sofferenze inflitte agli animali «costretti in gabbie, gonfiati a forza e mandati al macello senza aver mai visto una sola volta nella vita la luce del sole», i costi per l’ambiente e la salute umana di questo modello di allevamento sono elevatissimi. Perché gli escrementi degli allevamenti industriali sono RIFIUTI TOSSICI, pieni di dosi massicce di ormoni, antibiotici, additivi vari. Se si dovesse cadere in una pozza di questi liquami, si andrebbe incontro a morte certa.

Gli USA sono diventati la fattoria dei Cinesi, che si prendono i maiali e lasciano agli americani la puzza, gli agenti inquinanti, la rarefazione della terra e delle risorse idriche.

Altro problema: la SELEZIONE GENETICA del maiale.

Ad essere allevate sono le razze che producono più maialini, che crescono più in fretta e che più facilmente si adattano alle condizioni di reclusione nei capannoni…ancora una volta, le nostre scelte di consumatori sono limitate sempre di più.

Molte razze locali stanno scomparendo in tutto il mondo. Noi in Italia, per fortuna, al momento resistiamo e cerchiamo di proteggere le numerose specie locali, come ad esempio il maiale nero d’Abruzzo

Non sono adorabili???

In Italia (e in Europa), esistono comunità rurali più sviluppate e consumatori più attenti…ma, come evidenzia Liberti (p 82):

«quando si sente odore di soldi, le aziende locusta sono subito pronte a intervenire»

ed hanno già mostrato «un crescente interesse per il succulento mercato del biologico, che si sta concretizzando in un gigantesco giro di acquisizioni».

Tutte fatte in modo discreto e pubblicizzate il meno possibile.  Perché il consumatore di prodotti biologici «tende ad avere un atteggiamento scettico di fronte alle grandi aziende».

Concordo con quanto detto a p 87 da Nicolette Niman, moglie del mitico Bill Niman, un pioniere del sostenibile:

«Bisogna consumare meno carne…ristabilire il ciclo agricoltura- allevamento…smetterla di allevare gli animali in confinamento, dare loro ormoni e antibiotici e nutrirli con mangimi venuti dall’altra pare del mondo».

IN CONCLUSIONE:

leggetevi questo libro, anche se siete carnivori convinti. Perché il problema non riguarda solo maiali e polli, ma tutto il settore agro – alimentare. E noi viviamo nel Fucino, in una realtà rurale che va sempre più compromettendosi. Si, è vero, mangio Quinoa, ananas e mango, ma mi piacciono di più il farro e i fagioli prodotti in zona…sempre che quanto riportato in etichetta corrisponda al vero. E sono una convinta sostenitrice dell’orto sotto casa o sul balcone, fosse solo per le erbe aromatiche. E mia suocera mi produce pure lo zenzero!

Le stesse riflessioni fatte sul maiale e sul suo impero riguardano anche i capitoli successivi del libro:

Di questi parlerò in un articolo successivo…Già così il post è diventato lunghissimo!!!

Per la seconda parte dell’articolo, cliccate QUI

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Pubblicato da lacuocaignorante

Lacuocaignorante è una grande curiosona ed ama cucinare, leggere, viaggiare. In una vita precedente (ovvero prima del matrimonio) ero un ingegnere meccanico. Oggi mi occupo del mio Maritozzo e dei nostri tre gatti, insegno materie scientifiche, realizzo siti internet e continuo ad istruirmi!