PIANA DEL FUCINO

PIANA DEL FUCINO

Dopo avervi parlato della Marsica e della sua storia, oggi finalmente vi racconto qualcosa del Fucino, la zona in cui vivo!

PIANA DEL FUCINO. Un po’ di geografia

La Piana o Conca del Fucino è un altopiano posto nel cuore della Marsica, l’area sud-occidentale della provincia dell’Aquila, che comprende, oltre al Fucino e alla Valle del Giovenco, anche la valle Roveto e tutta la fascia carseolana

Situata tra i 650 e i 680 m s.l.m, la piana è circondata dai rilievi montuosi del gruppo Sirente-Velino a nord-nordest, della Vallelonga a sud, del Salviano a ovest e della valle del Giovenco a est-sudest

Fino a centocinquanta anni fa, con i suoi 175 km²,  era il TERZO LAGO d’Italia per estensione (dopo il Lago di Garda e quello Maggiore), ma il regime delle  sue acque fu sempre molto variabile, essendo alimentato da numerosi immissari ma completamente privo di un emissario.

La depressione del Fucino, di origine tettonica(viene definito “lago carsico”), si formò insieme all’Appennino tra Pliocene e   Quaternario. Circondata da faglie ancora notevolmente attive, il bacino del Fucino è oggetto di numerosi studi geologici, per la sua “visibilità” dei sedimenti e delle strutture relative alla formazione ed evoluzione del bacino stesso. Queste caratteristiche hanno consentito inoltre nel tempo di interpretare altri settori appenninici meno chiari

PIANA DEL FUCINO: il clima

Caratterizzato da forti escursioni termiche, in condizioni di cielo sereno con neve al suolo e vento debole/assente, vi si possono raggiungere temperature minime estremamente basse, favorite dalla quota. In alcune occasioni nel Fucino si sono raggiunte temperature minime estreme.

Pensate: nel gennaio 1985 si rilevarono −26,5 °C a Telespazio e in località Borgo Ottomila

Prima del prosciugamento, il clima della conca era molto più mite. Infatti i Romani sceglievano le località circostanti il bacino lacustre come luoghi di villeggiatura per il clima secco e la presenza di oliveti e vigneti.

I dati indicano, oltre ad un calo delle temperatura, anche un apparente aumento di fenomeni meteorologici estremi dopo il drenaggio, con precipitazioni più intense d’inverno ed estati più secche, non solo nel bacino ma in un’area più estesa.

In autunno e inverno spesso il Fucino è soggetto a nebbie, per via delle basse temperature e l’alto tasso di umidità, dovuto alla presenza di canali artificiali per l’irrigazione dei campi coltivati.

PIANA DEL FUCINO: il nome

Il nome Fūcinus sarebbe riconducibile a fūk- con il significato probabile di “luogo melmoso”.

Il poeta greco Licofrone chiamò il luogo “palude di Forco” (ΦόρκοςPhórkoslucente), facendo derivare il nome da quello dell’omonima divinità marina.

Secondo altre ipotesi, invece, il nome del luogo deriverebbe da “Bocca d’acqua”, dall’accadico pû-ini (in cui  sta per “bocca” o “apertura” ed ini, genitivo di inu ed enu, sta per “sorgente” o “acqua”). Per altri, infine, il nome sarebbe dovuto alla presenza di alghe, che, al tramonto in determinati periodi dell’anno, conferivano alla superficie lacustre un riflesso rosso-fulvo, simile al colore proprio di una   fucìna.

PIANA DEL FUCINO. Un po’ di storia

Sulle rive del Fucinus Lacus,  fin da tempi antichissimi sono esistiti diversi insediamenti, che sfruttavano la fertilità dei terreni circostanti. 

A causa dell’irregolare livello delle acque, però, il lago provocava inondazioni e malsane secche, tanto da essere oggetto di numerosi tentativi di regimazione. Unico immissario vero e proprio era il fiume Giovenco, ma il lago raccoglieva, soprattutto nel periodo invernale, le acque di torrenti di piccola portata dei monti circostanti. L’assenza di un efficace emissario determinava un’alta variabilità del livello del lago.

 A causa delle continue devastazioni delle aree costiere, già Giulio Cesare pensò di creare un canale sotterraneo che permettesse il convogliamento delle acque del lago verso il fiume Liri. Fu però l’imperatore Claudio, tra il 41 e il 52 d.C, a realizzare l’opera di bonifica. 

In oltre dieci anni di lavoro, secondo Svetonio, vennero  utilizzati 30.000 uomini tra schiavi e operai. Il risultato fu una galleria di 5,6 chilometri, capace di drenare parzialmente le acque lacustri nel fiume Liri attraversando il ventre del monte Salviano.

Questo canale sotterraneo permetteva un parziale svuotamento del lago e lasciava scoperta una vasta fascia di terreni, ottimi per l’agricoltura. Richiedeva però una manutenzione costante e funzionò fino alla caduta dell’Impero Romano. I barbari non erano particolarmente interessati a questi territori: cessarono la manutenzione del canale e lasciarono che la natura riprendesse il sopravvento.

Bisognò aspettare il XIX secolo per risolvere il problema. Infatti il banchiere romano Alessandro Torlonia, tra il 1854 e il 1875 , si impegnò nella realizzazione del prosciugamento totale del lago, rischiando quasi la bancarotta:

O Torlonia prosciuga il lago o il Fucino prosciugherà Torlonia

La sua società realizzò un nuovo canale e, in cambio, il futuro principe ottenne la proprietà di tutti i territori prosciugati per 99 anni

E’ vero che cessò il rischio di continue esondazioni, ma iniziò una serie di disagi che scatenarono i moti contadini dei primi anni del ‘900. I lavori erano stati lunghi e il non poter utilizzare i terreni per coltivare aveva molto indebolito la capacità economica delle popolazioni locali.

In seguito al prosciugamento del bacino la pesca fu azzerata mentre gli uliveti, che prima prosperavano grazie al clima lacustre, furono messi a dura prova dal cambio del clima, divenuto più arido e freddo. 


PIANA DEL FUCINO. IL PROSCIUGAMENTO DEL LAGO

I lavori per il prosciugamento iniziarono il 15 febbraio 1854, sotto la direzione dell’ingegnere De Montricher, morto nel 1858. Furono proseguiti dall’ingegnere Henry Samuel Bermont, al quale nel 1869 successe l’ingegner Alexandre Brisse che li portò a termine, insieme alle prime opere di bonifica, nel 1877. Il prosciugamento del lago Fucino fu ufficialmente dichiarato il 1º ottobre 1878.

L’emissario di Claudio era lungo 5.630 metri, ma considerando i canali collaterali, raggiungeva i 7 chilometri.

L’opera torloniana, che prevedeva oltre al prosciugamento anche la bonifica dell’alveo, include la fitta rete di canali, per una lunghezza complessiva di 285 chilometri, e 238 ponti, 3 ponti canali e 4 chiuse. Il canale claudiano attraversava le aree ad una profondità che variava dagli 85 metri ai 120 metri, mentre alla sommità del monte Salviano si misuravano in quel settore circa 400 metri.

L’apertura variava dai 4,11 m² ai 14,80 m², con alzata di 7,14 metri. Il canale torloniano segue la direzione di quello romano, con sezione costante di 19,99 m² e un solaio che varia da 2,39 metri all’ingresso a 0,79 all’uscita, per un flusso ordinario di acqua in uscita di 28 m³, con una capacità massima di 67 m³.

Una volta prosciugato, il bacino doveva essere reso coltivabile e abitabile. Per tale motivo furono realizzate arterie stradali e costruite case e fattorie. Una strada di 52 chilometri, la Circonfucense, ruota attorno alla piana che è attraversata da 46 strade rettilinee, parallele e perpendicolari, per una rete stradale pari a circa 272 chilometri.

Oltre ai 24 milioni di lire spesi per il solo prosciugamento, quindi, ne vennero impiegati altri 19.

L’impegno profuso, le risorse economiche e i 4.000 operai al giorno utilizzati per 24 anni, spinsero il nuovo re Vittorio Emanuele a conferire a Torlonia il titolo di principe e una medaglia d’oro.


L’impianto di drenaggio dell’ex lago sembrò non risentire molto del sisma del 1915, ma nel 1920 si decise il rifacimento completo dei tratti di galleria giudicati minacciati, mediante tecniche più evolute rispetto al secolo precedente.

PIANA DEL FUCINO. Lotte contadine e riforma agraria

Come dicevamo poco fa, i problemi iniziarono ben prima del termine dei lavori. Già nel 1866 iniziarono le rivendicazioni dei contadini per ottenere le terre occupate dalle acque.

Per segnare i limiti del lago (e quindi della sua proprietà), Torlonia fece collocare numerose statue della Madonna, ancora oggi visibili. 11.248 affittuari si divisero le terre e le subaffittarono. Nel 1930 la piana accoglieva 8.507 proprietà, molte delle quali (77,48%) di meno di 3 ettari, utilizzando solo il 27,10% del terreno.

A seguito delle lotte contadine del secondo dopoguerra, la riforma agraria del 1950 portò alla formazione, il 28 febbraio 1951, dell’Ente per la Colonizzazione della Maremma Tosco-Laziale e del Fucino. Da esso nel 1954 si staccò l’Ente Fucino, che si occuperà della Riforma.

Durante le sommosse a Celano, la sera del 30 aprile 1950, vennero uccisi due braccianti che stavano manifestando in piazza (Eccidio di Celano). L’espropriazione terriera fatta ai danni dei Torlonia dovette essere condotta con cautela, poiché l’Ente dovette portare i 15.800 affittuari dell’epoca a 9.918.

SI ottenne così un notevole miglioramento delle produzioni

PIANA DEL FUCINO. Le coltivazioni IGP

Oggi le coltivazioni del Fucino sono caratterizzate da una notevole qualità dei raccolti.

Tra le produzioni di rilievo tipiche della Piana del Fucino, spicca la Patata del Fucino IGP, apprezzata per gusto e conservabilità. 

Ricordiamo poi anche la Carota del Fucino, IGP dal 2007. La sua coltivazione ebbe inizio nel 1950, soprattutto per la rotazione colturale tra patata e barbabietola da zucchero.

La Carota del Fucino Igp è nota per il colore particolarmente vivace e acceso, indice di alto contenuto di betacarotene; inoltre è particolarmente apprezzata per la croccantezza e la compattezza.


Sui terreni della piana prosperano numerose altre colture, soprattutto insalate, finocchi, sedano.

Torneremo presto a parlare dei prodotti del Fucino!

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Pubblicato da lacuocaignorante

Lacuocaignorante è una grande curiosona ed ama cucinare, leggere, viaggiare. In una vita precedente (ovvero prima del matrimonio) ero un ingegnere meccanico. Oggi mi occupo del mio Maritozzo e dei nostri tre gatti, insegno materie scientifiche, realizzo siti internet e continuo ad istruirmi!