MASCHERE DI CARNEVALE REGIONALI

MASCHERE DI CARNEVALE REGIONALI

Era da un bel po’ che volevo raccontarvi alcune delle maschere tradizionali italiane. Approfitto dell’arrivo del Carnevale per farlo!

MASCHERE DI CARNEVALE LE PIÙ NOTE. Le maschere regionali

L’Italia è ricca di maschere regionali di Carnevale, che hanno le più diverse origini. Molte derivano dal teatro dei burattini, altre provengono dalla Commedia dell’arte, moltissime discendono da antichissime tradizioni e altre sono state create appositamente come simboli dei festeggiamenti carnevaleschi di varie città.

Nate per scacciare le forze maligne dell’inverno, le maschere avevano in origine lo scopo di preparare la rinascita primaverile.

Impossibile fare un elenco delle tantissime maschere italiane. Alcune sono famosissime, come Pulcinella, Arlecchino, Stenterello, Colombina, Balanzone… Altre invece sono meno note. Ad esempio, quanti di voi sapevano che la maschera ufficiale d’Abruzzo è Frappiglia, che riuscì ad ingannare persino il diavolo?

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Oppure che la maschera calabrese si chiama GIANGURGOLO? “Giovanni dalla gola piena” è una maschera della Commedia dell’arte, e rappresenta il tipico signorotto spagnolo ricco, gradasso, spaccone, spavaldo, forte con i deboli e adulatore dei forti.

Ha un lungo naso, un’andatura bellicosa e porta sempre un cappello di feltro a cono.  Nei suoi pranzi consuma carretti di maccheroni, molto pane e intere botti di vino.  Adopera la spada per inezie, ma e’ sempre pronto a fuggire come il vento.

MASCHERE DI CARNEVALE REGIONALI: PULCINELLA

Tra le più popolari maschere italiane, è probabilmente originaria di Napoli. Il suo nome significa “pulce” ed è caratterizzato da una mascherina nera con il naso adunco. Indossa un cappello a punta, camiciotto e pantaloni bianchi.

Impertinente, pazzerello, chiacchierone, e’ la personificazione del dolce far niente.  Le sue più grandi aspirazioni sono il mangiare e il bere.

Ma campane anche le maschere di Tartaglia e di Scaramuccia, che, come Pulcinella, sono nate nella Commedia dell’Arte.

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MASCHERE DI CARNEVALE REGIONALI. BALANZONE A BOLOGNA e RUGANTINO A ROMA

Tantissime le figure del Carnevale dell’Emilia Romagna, ma la più celebre è quella bolognese di Balanzone, professore sapientone e presuntuoso.

A rappresentare Roma e la “romanità” è invece Rugantino; a lui si affiancano Nina e Meo Patacca. Il suo nome deriva dal verbo romanesco “ruga”, cioe’ “protestare con arroganza”.  E’ un attaccabrighe, spesso si vanta senza averne motivo, e’ poltrone e crudele; anche quando prende dei ceffoni conserva il suo carattere linguaccione.

La Liguria invece è rappresentata degnamente da Capitan Spaventa, ma sono tipiche anche le maschere genovesi di Baciccia della Radiccia e del suo fidato amico Barudda, nati come burattini.

IN LOMBARDIA NON SOLO MENEGHINO

Tipica di Milano, Meneghino personifica la maschera milanese che risponde, sempre pronto, alle domande spiritose. E’ accompagnato da sua moglie Cecca di Berlinghitt;

Più antica di Meneghino è però un’altra maschera milanese, Beltrame.

Non dimentichiamo che la Lombardia è patria di Arlecchino, simbolo, insieme a Pulcinella, del Carnevale italiano.

Infatti anche Arlecchino, come Brighella, è originario di Bergamo

MASCHERE DI CARNEVALE REGIONALI. MASCHERE TRADIZIONALI DELLE MARCHE

Sono nate dal teatro dei burattini le maschere regionali delle Marche: Papagnoco, contadino fustigatore dei liberi costumi cittadini, e  Burlandoto, guardia daziaria e dunque controllore delle merci che i contadini portavano in città.

Il Rabachen (“baccano”) e la sua compagna Cagnèra (“lite”) sono le maschere del carnevale di Pesaro sin dal 1874.

Il guazzaró è invece la maschera che si indossa durante il carnevale di Offida, derivata dall’abito da lavoro che i contadini usavano per svinare e pulire le botti: un saio di tela bianca con fazzoletto rosso al collo.

Maschera del carnevale di Ascoli Piceno è lu sfrigne, allegro venditore di aringhe che pendono da un ombrello, con abiti da pezzente.

La maschera caratteristica del carnevale di Fano è invece il Vulon, che mette in caricatura tutti i gradassi e i vanitosi. Trae origine, secondo la leggenda, dall’usanza di Napoleone Bonaparte di promulgare le sue leggi con degli editti le cui prime parole erano Nous Voulons (“noi vogliamo”).

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ANTICHE MASCHERE IN MOLISE e GIANDUIA IN PIEMONTE

Le maschere tradizionali molisane sono legate ad un folclore arcaico; tra esse, ricordiamo solo i tre folletti (detti anche Monaci, in quanto travestiti da frati), che tengono in catene il Diavolo. Sono tipici di Tufara e di Toro.

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A rappresentare il Piemonte abbiamo Gianduja, con sua moglie Giacometta; simbolo di Torino, entrambi originariamente erano dei burattini. Gianduia e’ un galantuomo, di carattere allegro, che ama il buon vino e la buona tavola.

Ma molte città e paesi piemontesi hanno una coppia di maschere “cittadine”. Nelle Alpi piemontesi sono anche diffuse le maschere tipiche dei carnevali alpini: orsi, lupi ed uomini selvatici

MASCHERE UFFICIALI PER PUTIGNANO E VIAREGGIO

Maschera tipica del Carnevale di Putignano e’ Farinella, simile ad un jolly, con un abito a toppe multicolori e sonagli sulle punte del cappello, delle scarpe e del colletto. Prende il nome dalla farinella, antichissimo cibo povero del mondo contadino, a base di ceci e orzo abbrustolito.

Simbolo del Carnevale di Viareggio e’ invece Burlamacco, un pagliaccio che veste indumenti presi da varie maschere italiane: una tuta a scacchi bianchi e rossi, ripresa dal costume di Arlecchino, un pon pon bianco rubato dal camicione di Pierrot, una gorgiera bianca alla Capitan Spaventa, un copricapo rosso, su imitazione di quello di Rugantino, e un mantello nero, tipico di Balanzone.

Il nome Burlamacco deriva da Buffalmacco, pittore fiorentino e personaggio del Decamerone, ma e’ anche legato al cognome lucchese Burlamacchi.

STENTERELLO

La maschera simbolo della Toscana è però Stenterello, generoso con i poveri, dotato di arguzia e saggezza che, unite all’ottimismo, gli fanno superare le avversità della vita.

Rappresenta infatti il popolano fiorentino, di bassa estrazione, il quale, oppresso da avversità ed ingiustizie, ha sempre la forza di ridere e scherzare

BARTOCCIO IN UMBRIA

Il perugino Bartoccio è la maschera più nota dell’Umbria, rozzo ma sagace, gioviale e saggio, fustigatore dei liberi costumi, ma anche dei cattivi amministratori; è protagonista delle tipiche bartocciate del carnevale perugino, che mettono alla berlina tutti e tutto.

LE TRADIZIONI ALPINE DI TRENTINO E VALLE D’AOSTA

Non tutti sanno che il Trentino-Alto Adige è una regione ricchissima di maschere di carnevale, che qui assume la particolare tipologia del carnevale alpino. Tra le più importanti si ricordano i matoci di Valfloriana e gli impressionanti Schnappviechern. Detti anche Wudelen, sono mostri con testa pelosa e grande bocca, che viene fatta aprire e chiudere producendo un caratteristico frastuono.

In Valle d’Aosta le più note maschere sono quelle del carnevale della Combe Froide: le Landzette mettono in ridicolo la divisa delle truppe napoleoniche, che seminarono il terrore al loro passaggio nel maggio del 1800.

ALLA SARDEGNA IL RECORD DI MASCHERE

Da tantissimo tempo coltivo il sogno di trascorrere il periodo del Carnevale in Sardegna. Infatti a questa regione spetta il record di numero di maschere tradizionali! Più di 35 maschere tradizionali.

Per lo più facevano parte di riti sacri e propiziatori, legati alla vita contadina ed al ciclo della vita e delle stagioni. Pertanto la fertilità, la vita, la morte, il demonio, la lotta tra animali, l’addomesticamento degli animali da parte del pastore (simbolo di come, attraverso la forza, l’uomo cerca di prevalere e di imporsi) rappresentano i temi più ricorrenti.

Tra le più note ci sono i suggestivi Mamuthones e gli Issohadores del carnevale di Mamoiada, i Boes e Merdules, che con l’enigmatica sa Filonzana sono le maschere del carnevale di Ottana.

Il Carnevale di Tempio Pausania vede la presenza di lu Traicogghju, arcaica sintesi tra figura animalesca e maschera demoniaca, la Réula (schiera dei morti) e lu Linzolu cupaltatu, figura femminile avvolta in un lenzuolo e per questo irriconoscibile e disinibita.

LE MASCHERE SICILIANE

Sapete qual è la maschera per eccellenza della Sicilia? Peppe Nappa!  Beffardo, pigro ma capace di insospettabili salti e danze acrobatiche se deve procurarsi quei cibi di cui è ghiotto. Varie città siciliane si contendono la sua nascita e la sua maschera è solennemente celebrata durante il carnevale di Sciacca. Il mini- carro di Beppe Nappa è il più amato dai saccensi perché i partecipanti lanciano pezzi di salsiccia grigliata al pubblico, tra l’ilarità e il divertimento generale.

Un’analoga figura di servo sciocco è Pasquino, maschera del teatro dialettale siciliano. Va ricordato anche “U Scaccíuni”, di origine turca, con oltre 500 anni di storia.

MASCHERE DI CARNEVALE REGIONALI. Il Veneto

Molte delle maschere più rappresentative del Carnevale italiano hanno origine in Veneto. Per lo più provengono dalla Commedia dell’Arte, come Pantalone, la figlia Rosaura e la sua furba servetta Colombina.

Arlecchino e Brighella, pur provenienti da Bergamo, hanno anche cittadinanza veneziana perché secondo la tradizione lavoravano come servi nel capoluogo veneto.

Tipiche del Carnevale di Verona sono invece Fracanapa, Mastro Sogar e Papà del Gnoco.

Nelle Alpi venete sono diffuse maschere tipiche dei carnevali alpini: la Zinghenésta (che indica anche la festa stessa), il matazin (o matacinc o matel), il lakè, il roncer, il puster, i pajazi, i ber, gli spazzacamini, i brutti e i belli. Di Sappada è il Ròllate.

MASCHERE DI CARNEVALE LE PIÙ NOTE: I carri allegorici

Lo sapevate che il PRIMO CARRO ALLEGORICO fu costruito a Viareggio “soltanto” nel 1873?

Fu realizzato da alcuni lavoratori del porto, che, ispirandosi alle tecniche di costruzione delle navi, riuscirono ad erigere strutture con corde, cavi d’acciaio e paranchi usati nei cantieri.

I primi carri portavano mascheroni in gesso e pesavano anche parecchi quintali.

Nel 1921 un carro ospitò, per la prima volta, una intera orchestra.  La cosa ebbe così successo che nel 1923 alcuni carristi pensarono di far “ballare” anche i pupi, realizzando, così, i primi movimenti.

Solo grazie alla moderna “cartapesta”  si riuscirono ad ottenere sagome molto più leggere e fu possibile creare carri enormi che spesso sembrano sfidare la gravità!

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Pubblicato da lacuocaignorante

Lacuocaignorante è una grande curiosona ed ama cucinare, leggere, viaggiare. In una vita precedente (ovvero prima del matrimonio) ero un ingegnere meccanico. Oggi mi occupo del mio Maritozzo e dei nostri tre gatti, insegno materie scientifiche, realizzo siti internet e continuo ad istruirmi!