CUCINA ITALIANA ESISTE DAVVERO?

CUCINA ITALIANA ESISTE DAVVERO?

Sappiamo bene quanto la cucina sia elemento fondamentale della nostra identità di Italiani. E sappiamo bene che la nostra cucina è fatta di “tante cucine”. Per questo in tanti si chiedono se esiste davvero una cucina italiana…

Tanti i libri che ho letto sull’argomento e che continuo a leggere…

Come vi avevo raccontato QUI, fu Pellegrino Artusi, autore de “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, a “creare” la cucina italiana, provando ad unificare tante tradizioni, facendo si che ricette tipiche di un territorio si diffondessero in tutta la nostra penisola.

CUCINA ITALIANA ESISTE DAVVERO? Che cos’è la cucina italiana secondo me

Tutte le cucine regionali hanno in comune la semplicità.

Hanno quasi tutte origini “povere” e “contadine” e, fino a qualche anno fa, ci vergognavamo di queste tradizioni, pensando che la grande cucina fosse solo quella francese…

La nostra cucina è sempre una cucina legata alle stagioni, con tanta attenzione ai tempi di cottura, senza salse e fronzoli…

Dal Nord al Sud, abbiamo tutti a disposizione gli stessi ingredienti e, anche grazie al web, disponiamo di tante conoscenze su tecniche e procedure “moderne”, che hanno permesso di alleggerire piatti troppo grassi.

Esiste poi un patrimonio comune di piatti che ormai hanno perso la loro connotazione locale e sono diventati italiani.

Come la pasta o la pizza!

CUCINA ITALIANA ESISTE DAVVERO? Un po’ di storia

Oggi, nell’epoca del cibo uguale ovunque, assistiamo alla tendenza opposta, che ci spinge a riscoprire i cibi tipici o ricette antiche, espressione della cultura di un luogo.

La cucina italiana, mescolamento di cucine regionali, è diventato un fenomeno mondiale diffusosi e riprodotto in ogni parte del globo con un successo che poche altre cucine possono vantare.

In altre parole, in tempi di G-localizzazione, l’elemento locale (più che regionale) ritorna fuori ed è esaltato dal desiderio di scoprire le tipicità dei luoghi.

Fino alla fine del XIX secolo, praticamente, la cucina italiana non esisteva. Nei ricettari di del Quattrocento e del Cinquecento (come Il libro de arte coquinaria di Maestro Martino oppure nell’opera di Bartolomeo Scappi) troviamo ricette «alla romana», «alla fiorentina», «alla genovese»…

Nell’Opera di Scappi, troviamo tre Italie principali: la «Lombardia» (cioè l’Italia padana), l’Italia granducale e pontificia, il «Regno» (cioè tutto il Sud, con la Sicilia). Tre città riassumono la cultura gastronomica delle tre aree: Milano, Roma, Napoli. Un ruolo significativo spetta anche a Venezia, Firenze, Genova, Bologna…

Insomma una cucina che guarda soprattutto alle città, dimenticando completamente la campagna.

Tra il Settecento e l’Ottocento, invece, si torna a guardare alle ricette locali e si cerca di valorizzare i prodotti locali.

Troviamo così ricettari che già nel titolo ci evidenziano questo aspetto: Il cuoco maceratese (1779) di Antonio Nebbia, La cuoca cremonese (1794) di autore anonimo, La cuciniera genovese (1863) di Giovanni Battista Ratto…

Dopo l’Unità d’Italia, Pellegrino Artusi provò a unire le differenze tra le varie regioni.

La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene (1891) fu pensato in funzione dell’unità nazionale.

Esso doveva permettere di condividere le culture locali, raccogliendole in modo che ogni Italiano, ovunque si trovasse, potesse servirsene a sua scelta e piacimento.

In questo modo, rese patrimonio comune ricette che prima erano “locali”, come il ragù alla bolognese o il risotto alla milanese, tanto per citarne due…

In epoca fascista, il Touring club italiano (TCI) realizzò la Guida gastronomica d’Italia (1931), che suddivide prodotti e ricette secondo l’appartenenza regionale e, al suo interno, provinciale.

Alberto Capatti la definisce «Italia gastro-fascista» (Storia d’Italia, 1998) e mostra ancora una volta la dimensione decentralizzata del patrimonio culturale italiano.

La “cucina delle regioni” entra nella cultura nazionale.

Oggi è ormai “un luogo comune” del linguaggio gastronomico, un modo nuovo di rappresentare gli italiani a tavola. Come ci ricorda Allan Bay in “LA CUCINA NAZIONALE ITALIANA”

Il mito della cucina italiana come “somma” di cucine regionali era troppo forte

Il mosaico delle cucine locali, rurali e cittadine viene accorpato in unità “regionali”,  che poco guardano alla storia o alla geografia dei luoghi.

Provate a cercare in Internet la locuzione «cucina regionale italiana» : troverete oltre nove milioni  di risultati, che trattano il tema gastronomico in questa prospettiva, dandola per scontata. Cucina abruzzese, campana, romana, milanese, piemontese…

Se provate a digitare “cucina italiana” avrete 114 milioni di risultati!!!

Questa immagine della cucina italiana è stata anche esportata. I supermercati dell’America del Nord, negli scaffali dedicati alla cucina italiana, ne offrono un modello “regionale”.

Una bandierina bianco-rosso-verde rassicura l’acquirente che il prodotto è conforme a ciò che dall’Italia ci si aspetta: sapori buoni e genuini. Il famoso “Italian SOUNDING”.

Lo faccio anch’io, per “comodità”,  ma poi provo sempre a cercare il prodotto “locale”, per conoscere meglio i territori all’interno della regione, una realtà soprattutto amministrativa.

Pensate alla cucina abruzzese e molisana: sono un tutt’uno, con tante diversità al loro interno, legate ai luoghi e alla loro storia. Non c’è paragone tra la cucina marsicana e quella teramana, tanto per parlare di una realtà che conosco meglio…

E allora è meglio parlare di cucina cilentana, napoletana, campana, palermitana, messinese, sassarese, ecc…!

Penso sempre che solo esaltando le nostre diversità riusciremo a comprendere meglio le nostre uguaglianze.

Come ci ricorda Allan Bay (LA CUCINA NAZIONALE ITALIANA) :

Gli Italiani sono stati fatti…con le ondate successive di modernizzazione… grazie al livellamento dato dalla scuola,.., dalla TV e dai consumi moderni…

Sono stati fatti imparando a conoscersi e dalle epocali migrazioni interne, come pure dal turismo estivo

Chi si muove scopre nuovi sapori e nuovi prodotti, portando con sé un grande bagaglio di conoscenze… Pensate a quante cose può insegnarci ogni singolo prodotto “IGP” o PAT…

Insomma, abbiamo davvero tanto da imparare e da scoprire!!!

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Pubblicato da lacuocaignorante

Lacuocaignorante è una grande curiosona ed ama cucinare, leggere, viaggiare. In una vita precedente (ovvero prima del matrimonio) ero un ingegnere meccanico. Oggi mi occupo del mio Maritozzo e dei nostri tre gatti, insegno materie scientifiche, realizzo siti internet e continuo ad istruirmi!