MARITOZZI ROMANI : I QUARESIMALI di Roma. Storia e curiosità

MARITOZZI ROMANI : I QUARESIMALI di Roma

Abbiamo già preparato la versione abruzzese di questi sofficissimi panini, adorati dalla mia Mamma. Oggi ho deciso di cimentarmi con la versione romana, nata per soddisfare la voglia di dolce anche in Quaresima (vedi QUI).

MARITOZZI ROMANI. LA TRADIZIONE 

Quella dei Maritozzi è, in realtà, una ricetta antichissima,  le cui origini risalgono addirittura all’epoca romana, quando venivano preparate delle pagnotte a base di miele ed uva passa.

E’ probabilmente dall’evoluzione di questa ricetta che, nel Medioevo si diffuse l’usanza di preparare i maritozzi, l’unico peccato di gola che veniva concesso in periodo di Quaresima.

Quelli che si preparavano in periodo di penitenza erano, però, più piccoli ed arricchiti di pinoli e canditi.

Oltre ad essere i dolci della Quaresima, queste pagnottelle rappresentavano, in un certo senso, anche i dolci delle coppie. Ogni primo venerdì di marzo, infatti, i fidanzati li regalavano alla propria innamorata, decorandoli con cuori di zucchero e nascondendo al loro interno degli anelli o piccoli oggetti d’oro.

MARITOZZI QUARESIMALI: IL NOME

Il nome di questi panini deriverebbe secondo alcuni proprio da quest’usanza. Secondo altri studiosi, invece, il nome deriverebbe dal fatto che le donne preparassero dei pani ovali per gli uomini di casa, che andavano a lavorare nei campi.

Questi pani dovevano rispondere ad esigenze particolari: essere nutrienti ma soprattutto facilmente trasportabili, tanto da poter essere riposti nelle bisacce di pelle.
Venivano consumati, quindi, all’imbrunire, quando i contadini interrompevano per una pausa il loro lavoro, che si sarebbe concluso soltanto a notte fonda.

Esisteva inoltre l’usanza, tra le ragazze in età da marito, di preparare queste dolci pagnottelle e di metterle in un cesto, che veniva poi portato in piazza. Chi aveva realizzato le  pagnottelle migliori riceveva le attenzioni dei giovanotti più ambiti.

MARITOZZI QUARESIMALI: COME SONO

In passato avevano le dimensioni di una vera e propria pagnotta (tipo il pane di Ramerino toscano). Oggi invece hanno più o meno le dimensioni di un croissant (e sono farciti con taaanta panna!) ed hanno forma ovoidale.

Il loro impasto è a base di farina, burro, uova e zucchero, arricchito con pinoli, uvetta e canditi, ingredienti tipici della tradizione ebraico-romanesca.

 

MARITOZZI ROMANI. La ricetta “di pasticceria”

La versione quaresimale di questi dolci prevede di aggiungere semplicemente uvetta, canditi e pinoli a della pasta per pane lievitata.

Sono facilissimi da preparare ma, contenendo pochissimo lievito, richiedono una lunga lievitazione.

  • DIFFICOLTÀ : facile
  • PREPARAZIONE : 40 minuti + la doppia lievitazione
  • COTTURA : 20 minuti

⇒ Ingredienti: 

per la biga lievitante:

  • FARINA MANITOBA  240 g
  • ACQUA  108 ml
  • Lievito di birra 2 g se in polvere (5 g se fresco)
  • Zucchero 1 cucchiaino

per l’impasto:

  • FARINA 0 600 g di farina 1
  • Tuorli 2
  • Uova intere 2
  • Acqua 250 ml
  • Zucchero 100 g
  • Uvetta 150 g
  • Pinoli 60 g 
  • Vanillina 1 bustina
  • Sale 10 g

Per lucidare e farcire:

  • Tuorlo 1
  • Latte 1 cucchiaio
  • Panna fresca 300 ml
  • Sale 1 pizzico
  • zucchero a velo q.b.

⇒ Procedimento

FASE 1: PREPARARE LA BIGA

  • In una ciotola mescolate farina, lievito e zucchero, poi versate l’acqua e iniziate ad impastare con le mani.
  • Trasferite il composto sulla spianatoia e impastate per almeno 10 minuti fino ad ottenere un composto liscio, morbido e omogeneo.
  • Rimettete quindi l’impasto nella ciotola, coprite con un canovaccio pulito e lasciate lievitare per 2 ore o fino a che sarà raddoppiato di volume.

FASE 2 : impastare

  • Sulla spianatoia, create una fontana con la farina.
  • Versate al centro della fontana le uova e i tuorli, l’acqua, lo zucchero e la vanillina. Poi lavorate un pochino il composto.
  • Ora aggiungete la biga, il sale, l’uvetta e i pinoli.
  • Impastate fino a distribuire bene l’uvetta in tutto l’impasto e ad ottenere una palla
  • Rimettete il composto nella ciotola e fate lievitare ancora per 30 minuti.

FASE 3 : formare i maritozzi

  • Trascorso questo tempo, riprendete l’impasto e dividetelo in tanti panini da circa 90 g l’uno.
  • Disponete i panetti ben distanziati tra loro su una leccarda da forno, rivestita con carta da forno.
  • Copriteli con il canovaccio e fateli lievitare per altre 2 ore.

FASE 4 : cuocere i maritozzi

  • In una ciotolina sbattete il tuorlo d’uovo rimasto con il latte e spennellate i vostri maritozzi.
  • Infornate in forno preriscaldato a 180°C per 20 minuti circa, finché i maritozzi non saranno ben dorati in superficie.
  • Sfornateli e lasciateli raffreddare completamente.

FASE 5 : servire i maritozzi

  • Al momento di servire, montate la panna con un pizzico di sale, aprite i maritozzi come fossero un panino e farciteli con la panna montata.
  • Spolverizzate poi con poco zucchero a velo.

SEGUE LA RICETTA “DI QUARESIMA”

 

L. Zanazzo – Usi, costumi, credenze, leggende e pregiudizi del popolo di Roma

Ecco come Luigi Zanazzo, detto Giggi, poeta e antropologo romano, padre fondatore della romanistica e grande studioso delle tradizioni locali, descriveva i maritozzi all’inizio del ‘900.

Una mucchia d’anni fa, dda noi, s’accostumava, in tempo de Quaresima, er primo vennardì de marzo, de portà’ a rigalà’ er maritózzo a l’innammorata.

’Sto maritózzo però era trenta o quaranta vorte ppiù ggranne de quelli che sse magneno adésso; e dde sopre era tutto guarnito de zucchero a ricami.

In der mezzo, presempio, c’ereno du’ cori intrecciati, o ddu’ mane che sse strignéveno; oppuramente un core trapassato da una frezza, eccetra, eccetra: come quelle che stanno su le lettere che sse scriveno l’innammorati.

Drento ar maritòzzo, quarche vvorta, ce se metteveno insinenta un anello, o quarch’antro oggetto d’oro. Tra ll’antre cose che ricordeno ’sto custume, che oramai nun s’aùsa ppiù dda gnisun innammorato, ciavemo diversi ritornelli: Uno, presempio, dice:

«Oggi ch’è ’r primo Vennardì dde Marzo,
Se va a Ssan Pietro a ppija er maritòzzo;
Ché ccé lo pagherà ’r nostro regazzo».

E dde ’sti maritòzzi:

«Er primo è ppe’ li presciolósi;
Er sicónno pe’ li spósi;
Er terzo pe’ l’innamorati;
Er quarto pe’ li disperati».
«Stà zzitto, côre:
Stà zzitto; che tte vojo arigalàne
Na ciamméllétta e un maritòzzo a ccôre».

E infatti certi maritòzzi ereno fatti a fforma d’un côre.

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Pubblicato da lacuocaignorante

Lacuocaignorante è una grande curiosona ed ama cucinare, leggere, viaggiare. In una vita precedente (ovvero prima del matrimonio) ero un ingegnere meccanico. Oggi mi occupo del mio Maritozzo e dei nostri tre gatti, insegno materie scientifiche, realizzo siti internet e continuo ad istruirmi!