Pasticceria giapponese. Dorayaki & altre stranezze

Pasticceria giapponese.  I dolci non dolci

Come avrete notato, negli ultimi tempi sono andata un po’ in fissa con i dolci a base di fagioli. In particolare, ho riscoperto delle preparazioni tipiche della pasticceria orientale, in particolare giapponese, che fanno largo uso delle creme a base di legumi.

Approfitto quindi del settimanale appuntamento con la cucina internazionale per parlarvi di alcune di queste preparazioni.

Pasticceria giapponese. Introduzione

La pasticceria giapponese è la fusione perfetta di bellezza, perfezione e bontà: si rivolge al cuore, alla mente e al palato di chi la vuole provare. Infatti i dolci devono “parlare” a tutti i cinque sensi, non solo al gusto.

I dolci non sono mai serviti alla fine del pasto, dove il dessert è la frutta. Torte e pasticcini sono invece serviti con il tè e sono decisamente poco dolci per i gusti di noi occidentali.

La tradizione dolciaria giapponese affonda le sue origini nell’antichità e al posto dello zucchero utilizzava lo sciroppo ottenuto dall’ebollizione del succo d’uva.

In passato, infatti, trovare zucchero in Giappone era davvero una rarità. Veniva infatti importato dalla Cina ma era utilizzato solo per la preparazione di medicinali. Solo nel XVI secolo, la situazione cambiò. Fu infatti in quel periodo che cominciarono ad arrivare regolarmente navi dal Portogallo, dalla Germania e dall’Inghilterra e le importazioni di zucchero divennero più facili.

Grazie agli scambi commerciali, i dolci di stile occidentale (nanbangashi ) si diffusero rapidamente. Fu inoltre introdotto un dolcetto cinese, il manjū che veniva preparato nei monasteri Buddhisti. Nella versione giapponese, si tratta di una specie di tortino farcito di marmellata di azuki e cotta al vapore.

Numerosi sono i dolci a base di confettura di fagioli rossi, che sono usati anche in cibi di origine europea come croissants, pane e crostateIl più celebre dei dolci con la marmellata di azuki è senza dubbio l’anpan, un panino cotto al forno e cosparso di semi di sesamo o di papavero.

Pasticceria giapponese. WAGASHI E YOGASHI

La distinzione fondamentale è tra dolci giapponesi tradizionali (WAGASHI) e dolci occidentali (YOGASHI, letteralmente “dolci stranieri”).

WAGASHI: SOLO INGREDIENTI VEGETALI

I wagashi SONO i tipici dolcetti della pasticceria tradizionale giapponese. Contengono solo ingredienti di origine vegetale:  farina di riso, fagioli azuki, patate dolci, ma anche sesamo, soia, agar-agar (la gelatina vegetale di alghe). Lo zucchero è ridotto al minimo.

Serviti tradizionalmente con il tè, sono dei piccoli capolavori monoporzione, che appagano vista e gusto. Infatti i wagashi si ispirano a precisi concetti filosofici e religiosi e devono colpire tutti e cinque i sensi.  Nati per accompagnare la tradizionale cerimonia del tè, questi dolcetti devono smorzare il restrogusto un po’ amaro del Matcha.

Esistono tantissimi tipi di wagashi. Tra i più famosi, troviamo Mochi, Dorayaki e Yokan.

I MOCHI sono morbide palline a base di riso glutinoso. Solitamente i Mochi sono di colore bianco, ma si possono trovare anche verdi o rosa. Il ripieno è a base di anko, la marmellata dolce di fagioli rossi (azuki) ma ci sono delle varianti che contengono anche pezzi di frutta intera (più tardi vi posto una versione “europeizzata!).

I DORAYAKI, i dolcetti preferiti di Doraemon, ricordano nella forma due pancakes sovrapposti. Tra le due frittelle, un goloso ripieno di anko, la marmellata di fagioli.  “Dora” in giapponese significa “gong” e infatti il dolce assomiglia al tipico strumento, presente all’ingresso di molti templi giapponesi.

La leggenda narra che il primo dorayaki sia stato fatto quando un samurai di nome Benkei dimenticò il suo gong a casa di un contadino, il quale utilizzò l’oggetto per friggere le sue frittelle.

Lo YOKAN è invece un dolce gelatinoso a base di agar agara, zucchero, amido e pasta di fagioli rossi. Dalla tipica forma a blocchi, viene mangiata tradizionalmente a fettine da tagliare con un bastoncino di legno. E’ uno dei più antichi wagashi, introdotto in Giappone da monaci buddisti  nel corso del XII secolo. Può essere aromatizzato al tè verde, castagne, patate, fichi e fragole o addolcito con miele o melassa.

DANGO: GLI SPIEDINI DOLCI

Molto amati sono anche dei gustosi spiedini dolci, i DANGO, in cui si infilano tre o quattro polpettine di riso glutinoso. A seconda delle occasioni, i dango possono essere guarniti in vario modo: con semi di sesamo, farina di miglio, anko, con soia tostata, sciroppo di amido.

MANJU : PANINI O POLPETTE?

Nati dall’unione di tecniche giapponesi e ricette cinesi (quella dei mantou), il manju può essere di molti tipi. Solitamente prevede un ripieno di anko, avvolto da farina, polvere di riso e grano saraceno.

Ne esistono anche versioni con ripieno all’arancia, al tè verde, allo sciroppo d’acero.

Anmitsu. La macedonia in versione giapponese

Gli anmitsu si presentano come cubetti di gelatina, in cui la frutta a pezzi (di solito, ananas, pesca e ciliegie) è addensata con gelatina di agar agar e succo di mela.

Sono serviti in una ciotola con pasta dolce di fagioli azuki, piselli lessati e fette di pesca, ananas e ciliegie; sopra la gelatina viene solitamente versato dello sciroppo scuro.

DAIFUKU

Sono dolcetti di riso pressato, composti da riso glutinoso farcito da pasta di fagioli azuki, simili ai mochi.

I daifuku sono disponibili in molte varietà (il più comune è di colore bianco, verde pallido o rosa pallido), alcune delle quali contengono pezzi interi di frutta o miscele di frutta.

Quasi tutti i daifuku sono coperti da un sottile strato di mais o fecola di patate per evitare che si attacchino gli uni agli altri; alcuni sono ricoperti di zucchero a velo o cacao in polvere

TAYAKI

Il Taiyaki è il principe dello street food giapponese: si tratta di un tortino dalla forma particolare. L’impasto (che ricorda il pancake) viene versato infatti in uno stampo a forma di pesce, cotto e riempito solitamente di anko, crema, cioccolata e anche formaggio.

YOGASHI. LA PASTICCERIA GIAPPONESE IN STILE OCCIDENTALE

Ormai anche in Giappone si è diffusa una pasticceria meno tradizionale, in cui si utilizzano anche prodotti di origine animale, come uova o burro.

Come accennato, l’incontro tra pasticceria giapponese e tradizione occidentale è chiamato yogashi (letteralmente “dolci stranieri”).

Tra i più popolari yogashi è la Kasutera o Castella, una leggerissima sponge cake di forma rettangolare. Simile al Pan di Spagna ma con una struttura molto più compatta, pare sia stata importata dai mercanti portoghesi nel XVI secolo.

Molto amato è anche il MELONPAN.

Detto anche meronpan o melon bread, questo piccolo panino dolce non sa di melone, ma prende il nome esclusivamente dalla sua forma.

Sata andagi

Sono delle classiche frittelle modellate a forma di palla, che ricordano le nostre castagnole. Tipici della prefettura giapponese di Okinawa, devono essere croccanti all’esterno e soffici al cuore.

Ed ora, proviamo a preparare insieme qualche “squisitezza”!

 

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Pubblicato da lacuocaignorante

Lacuocaignorante è una grande curiosona ed ama cucinare, leggere, viaggiare. In una vita precedente (ovvero prima del matrimonio) ero un ingegnere meccanico. Oggi mi occupo del mio Maritozzo e dei nostri tre gatti, insegno materie scientifiche, realizzo siti internet e continuo ad istruirmi!