VITE L’ALBERO DELL’UVA

VITE L’ALBERO DELL’UVA

Ieri abbiamo cominciato ad occuparci dell’uva, il frutto della vite (vedi QUI). Oggi voglio raccontarvi qualcosa di più di questo arbusto, che ha una storia affascinante.

VITE L’ALBERO DELL’UVA. DESCRIZIONE

Il genere vitis comprende piante arbustive della famiglia delle Vitaceae o Ampelidaceae. La specie più nota del genere è la Vitis vinifera L. (detta vite comune o vite euroasiatica), il cui frutto è l’uva.

Si tratta di una pianta arborea rampicante, che, per crescere, si attacca a dei sostegni (tutori) mediante i viticci; se la pianta non viene potata, può raggiungere larghezze ed altezze notevoli attaccandosi agli alberi, su pareti rocciose, o coprendo il suolo.

È dotata di un apparato radicale molto sviluppato, che può superare anche i 10 metri di lunghezza.

Dal fusto si dipartono numerosi rami, detti tralci.

Le foglie, dette pampini, sono palmate, con lembo intero o suddiviso in genere in 3 o 5 lobi più o meno profondi; di rado possono esseri foglie incise in 7 o 9 lobi; il profilo varia secondo il vitigno.In autunno le foglie perdono la clorofilla assumendo, secondo il vitigno, una colorazione gialla o rossa. Con l’entrata in riposo vegetativo le foglie possono persistere per un tempo più o meno lungo sulla pianta.

 

 

 

I fiori sono riuniti in infiorescenze a pannocchia, dapprima erette, poi pendule (grappolo composto). Un grappolo è formato da un asse principale, detto rachide, che si ramifica in assi laterali a sua volta ramificati.

I frutti sono delle bacche (acini) di forma e colore variabile: il colore della bacca matura varia, secondo il vitigno, dal verde al giallo, dal roseo al rosso-violaceo, dal nero o al nero-bluastro, ma l’intensità e la tonalità del colore può variare anche in funzione delle condizioni ambientali, in particolare l’illuminazione.

Gli acini sono raggruppati in grappoli e presentano un esocarpo spesso pruinoso (buccia), un mesocarpo con cellule piene di succo da cui si ricava il mosto (polpa) ed un endocarpo formato da uno strato di cellule che delimita le logge contenenti i semi (vinaccioli).

La forma del grappolo è in genere cilindrica, conica o piramidale. Il peso è in media di 150-300 grammi nelle uve da vino e 200-500 grammi in quelle da tavola; più in generale varia dai 100 g (uve picolit) ai 500-600 g, ma in alcuni vitigni può raggiungere anche pesi considerevoli, fino ai 2 kg.

Distribuzione e habitat

La vite comune o vite euroasiatica è la specie coltivata di maggior diffusione, presente in tutti i continenti ad eccezione dell’Antartide. In Europa è coltivata nelle regioni centrali e meridionali.

Antiche le coltivazioni in Medio Oriente, più recenti quelle in Africa ed Asia. In America interessa gran parte della California del Nord e alcune aree della costa atlantica negli Stati Uniti, oltre a varie zone dell’Argentina, Messico e Cile.

Si coltiva infine nell’Australia meridionale e nella Nuova Zelanda.

La vite comune sarebbe l’unica specie della serie Vinifera (o Viniferae) e si identifica con la vite di origine euroasiatica perché è ivi presente anche come specie spontanea. Nell’ambito della specie si distinguono due sottospecie:

  • Vitis vinifera subsp. sativa, con piante ermafrodite a fiori bisessuali, è la sottospecie che comprende le varietà coltivate denominate, nel lessico tecnico e scientifico della Viticoltura, cultivar (o vitigni).
  • Vitis vinifera subsp. sylvestris, con piante dioiche, è la sottospecie spontanea, ampiamente diffusa negli ambienti boschivi e di macchia delle regioni temperate calde euroasiatiche. Dal punto di vista agronomico è del tutto priva d’interesse.

Lo studio della morfologia ai fini della caratterizzazione dei vitigni e, più in generale, di tutte le varietà coltivate del genere Vitis, prende il nome di Ampelografia.

VITE L’ALBERO DELL’UVA: UN PO’ DI STORIA

La storia della vite risale alla Preistoria. Le prime testimonianze archeologiche registrate di presenza della Vitis vinifera sono state rinvenute in alcuni siti degli odierni territori della Cina (7.000 anni a.C. circa), della Georgia (6.000 a.C.), dell’Iran (5.000 a.C.), della Grecia (4.500 a.C.) oltre che in Sicilia (4.000 a.C. circa)].

La prova più antica della produzione di vino (la vinificazione) seriale è stata trovata in Armenia (4.100 a.C. circa), con la scoperta della più antica cantina per la conservazione esistente.

I primi riferimenti storici alla vite e al vino si trovano tra i Sumeri nell’Epopea di Gilgamesh (III millennio a.C.).

Testimonianze della coltura della vite si trovano in numerosi geroglifici Egizi, presso i quali il vino era bevanda riservata ai sacerdoti, agli alti funzionari e ai re.

Furono i Greci ad introdurre la vitivinicoltura in Europa, già in epoca minoica. Ai coloni greci si deve l’introduzione della viticoltura in Sicilia ed in altre aree del meridione d’Italia, dove la coltura incontrò condizioni climatiche ideali, al punto da far meritare alla regione il nome di Enotria.

Gli Etruschi perfezionarono notevolmente le tecniche di viticoltura e svilupparono un’intensa attività di esportazione del vino, diffondendolo ben oltre il bacino del Mediterraneo.

I Romani migliorarono ulteriormente le tecniche vitivinicole apprese dagli Etruschi. Nel III e IV secolo d.C. la crisi dell’Impero romano creò, soprattutto nelle campagne, condizioni di instabilità che portarono al declino della viticoltura. Solo grazie agli ordini monastici il patrimonio vitivinicolo si conservò fino al X secolo. Accanto alla viticoltura “ecclesiastica”, si sviluppò, soprattutto in Francia, una viticoltura “nobiliare”: presso principi e feudatari la coltura della vite e la produzione del vino divennero simboli di prestigio.

Fino al VII secolo la coltura della vite ebbe una certa rilevanza anche in Medio Oriente; successivamente, a causa della espansione dell’Islam, andò incontro ad un progressivo declino.

Con il Rinascimento si assiste a un ritorno di interesse nei confronti della viticoltura, che tornava ad essere economicamente conveniente.

Con la scoperta dell’America la vite fece il suo ingresso nel Nuovo Continente, dapprima in Messico e successivamente anche in Sud America.

Nel XIX secolo due malattie e un insetto provenienti dall’America sconvolgono la vite: la Peronospora della vite, l’oidio e la fillossera, che distrussero enormi quantità di vigneti tra il 1870 e il 1950.

I coltivatori furono costretti a innestare i vitigni sopravvissuti su specie (ed ibridi) di origine americana (Vitis berlandieri, Vitis rupestris,Vitis riparia), resistenti alla fillossera, e ad utilizzare regolarmente prodotti fitosanitari come lo zolfo e il rame per contrastare l’oidio e la peronospora.

Nella seconda metà del XX secolo si è assistito al passaggio da un approccio improntato all’empirismo della tradizione alla moderna viticoltura, basata su precise conoscenze scientifiche in ambito microbiologico, chimico e ampelografico.

I vitigni di vite europea sono oggetto da sempre di miglioramento, anche se non sempre attuato con metodi scientifici.

Nel contesto viticolo italiano sono più di 300 le varietà di uve da vino: alcune hanno grande diffusione, altre sono limitate a una o due province.

QUI trovate tutti i vitigni autoctoni italiani

Numerose anche le varietà coltivate di uve da tavola.

QUI un elenco completo delle varietà di vite italiane

Se volete conoscere l’affascinante storia del vino, cliccate QUI

Domani torneremo a parlare dell’uva e delle sue proprietà

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Pubblicato da lacuocaignorante

Lacuocaignorante è una grande curiosona ed ama cucinare, leggere, viaggiare. In una vita precedente (ovvero prima del matrimonio) ero un ingegnere meccanico. Oggi mi occupo del mio Maritozzo e dei nostri tre gatti, insegno materie scientifiche, realizzo siti internet e continuo ad istruirmi!