UN POSTO SBAGLIATO PER MORIRE
Hans Tuzzi
Editore: Bollati Boringhieri
Anno edizione: 2014
Pagine: 160 p.
UN POSTO SBAGLIATO PER MORIRE – Descrizione
Un’inchiesta in cui la personalità della vittima è la chiave per arrivare al colpevole? Succede, più spesso di quanto si creda. Mai come in questo caso, però, il commissario Melis ne sembra convinto. Manrico Barbarani: una laurea in architettura, uno studio affermato, un socio da trent’anni al suo fianco, tante amiche, alcuni affezionati nemici, una passione per l’alpinismo, due mogli, anzi: due ex mogli. E un figlio di cui potrebbe essere il nonno. Già. E tre proiettili piantati in corpo. E dove, poi! Nella più squallida delle periferie di Milano. Qualcosa però non convince Melis, a cominciare dal fatto che l’auto di Barbarani è in garage. E allora? E allora, nel sereno settembre milanese del 1981, quando già s’annunciano i toni dell’autunno, il commissario e i suoi uomini iniziano un’indagine che, muovendosi fra i luoghi del potere più o meno occulto e le feroci dispute di una difficile separazione fra coniugi, sembra condannata ad arenarsi. Fino a quando, inatteso, l’assassino colpisce di nuovo. Allora, ecco, tutte le tessere del mosaico sembrano andare lentamente al loro posto, disegnando una vicenda di grande amarezza, di grande solitudine, di grande amore. Quell’amore per il quale un uomo può persino tradire sé stesso
UN POSTO SBAGLIATO PER MORIRE – RECENSIONE
Per la recensione, ho trovato molto interessante quella comparsa in Gialli e Geografie: clicca QUI
UN POSTO SBAGLIATO PER MORIRE – precisazione
Il romanzo era comparso nel 2004 con il titolo
Come il cielo sull’Annapurna
Ed è la terza indagine del commissario Melis. Bollati Boringhieri invece lo presenta come la quinta indagine, erroneamente.
UN POSTO SBAGLIATO PER MORIRE – INCIPIT
“Il cadavere giaceva in una rientranza dello slargo, dove il muro di una ditta – Liborio Privitera, auto-officina – creava una sorta di quinta assediata dalle ortiche e ombreggiata da un selvatico e stento sambuco. Per quel che poteva vedere lui, l’uomo sembrava sui sessanta. Capelli d’un grigio luminoso. Pantaloni di fustagno giallo canarino, giacca verde salvia, papillon giallo e verde e una camicia che doveva essere stata azzurra prima che il sangue la tingesse di un rosso tendente al nero. Ai piedi, mocassini robusti e di gran marca….”
Terzo appuntamento con il commissario Melis, il personaggio creato da un saggista italiano che scrive sotto psuedonimo.