GRASSI, DOLCI, SALATI di Michael Moss

Oggi vi parlo di un libro che avevo già letto ma che ho trovato molto istruttivo riguardare in questo periodo : Grassi, dolci, salati di Michael Moss, un giornalista americano vincitore nel 2011 del prestigioso Premio Pulitzer.


Il premio Pulitzer è considerato come la più prestigiosa onorificenza statunitense per giornalismo, successi letterari e composizioni musicali. Fu istituito dal giornalista ungherese-americano e magnate della stampa statunitense Joseph Pulitzer (1847-1911) che, alla sua morte, lasciò tutti i suoi averi alla Columbia University. Il premio fu assegnato per la prima volta nel 1917, nelle sole categorie Reporting (internazionale, per una serie di articoli sull’Impero tedesco), Editoriale, Storico e Biografico. I premi sono assegnati annualmente (tradizionalmente  in  aprile) a coloro che si sono distinti particolarmente in una delle 21 categorie considerate, dalla cronaca, alla fotografia, alla vignetta, alla fiction, alla letteratura, alla musica.

L’ambito riconoscimento premia non solo il lavoro di giornalisti e fotoreporter distintisi in vari settori dell’informazione e nella documentazione audiovisiva dei principali avvenimenti dell’anno, ma anche autori di testi di narrativa, storici, drammaturghi e compositori. Può essere assegnato sia al singolo giornalista che alla redazione


 

 

Grassi, dolci, salati. Come l’industria alimentare ci ha ingannato e continua a farlo

Autore: Michael Moss

Traduttore: F. Gimelli

Editore: Mondadori

Anno edizione: 2014

Pagine: 454 p

 

 

GRASSI, DOLCI, SALATI. DESCRIZIONE

Alla fine degli anni Novanta, in America, le grandi multinazionali del cibo pronto sono sotto attacco: il dilagare dell’obesità le chiama in causa come corresponsabili di quella che è ormai una preoccupante emergenza sanitaria.

Che fare per evitare un disastroso crollo di immagine (e quindi di profitti)? Nella sua approfondita indagine, il premio Pulitzer Michael Moss, giornalista investigativo del «New York Times», ricostruisce le strategie messe in atto dai colossi dell’industria alimentare per accreditarsi come partner affidabili nelle campagne governative contro la cattiva nutrizione.

Moss analizza i vari tentativi intrapresi dalle grandi aziende alimentari per ridurre nei loro prodotti la cospicua presenza di zucchero, sale e grassi, le sostanze incriminate. Ma «niente zucchero, niente grassi, niente vendite»: percorrere strade virtuose portava a questi risultati.

Per vendere non è possibile prescindere da una buona dose dei tre ingredienti di elezione, perché lo zucchero, oltre a addolcire, aggiunge volume e consistenza; i grassi esaltano la sensazione al palato; con poco sale, molti prodotti perdono la loro «magia».

Per questo le società del settore alimentare ne studiano e controllano l’utilizzo in maniera sistematica e nei loro laboratori gli scienziati calcolano il bliss point (il punto di beatitudine), ossia «l’esatta quantità di zucchero, grassi o sale che spedirà i consumatori al settimo cielo».

È ingenuo pensare che i colossi del settore intendano comportarsi con particolare sensibilità sociale: l’obiettivo della grande produzione è unicamente quello di fare profitti e conquistare nuove quote di mercato battendo i concorrenti. Tale obiettivo è però raggiunto a un prezzo che il consumatore non è cosciente di pagare, creando cioè comportamenti compulsivi e vere e proprie dipendenze alimentari.

I clienti fedeli vengono definiti dalle aziende «forti utilizzatori»: un termine, osserva l’autore, «che evoca un’immagine di tossici alla ricerca della loro dose». Se noi consumatori siamo schiavi di zucchero, sale e grassi, che rendono irresistibili i cibi pronti, i produttori stessi non possono rinunciare alla loro presenza: in mano loro, «il sale, lo zucchero e i grassi – non sono sostanze nutritive quanto piuttosto armi, armi che certo sfoderano per sconfiggere la concorrenza, ma anche per indurci a tornare ancora per altri acquisti».

Con buona pace delle conseguenze per la nostra salute.

Grassi, dolci, salati. Commento personale

«Le aziende alimentari non stanno insegnando ai bambini a gradire la dolcezza, bensì insegnano loro che sapore dovrebbero avere i cibi. E questo programma è sempre più imperniato sullo zucchero. …. Non si limitano a fornire a un bambino una fonte di calorie. Incidono sulla salute di quel bambino».

Perché alcuni cereali per la prima colazione sono ricoperti di miele, cacao o granella di nocciole? Come mai, aperta una confezione di biscottini al burro o di wafer, non riusciamo a dire basta? E perché una patatina tira l’altra e il suo sapore ci manda in estasi? Tutto dipende dal bliss point o punto di beatitudine, studiato da appositi gruppi di scienziati, che calcolano l’esatta quantità di grassi, dolci e zuccheri necessari per mandarci in paradiso. Michael Moss ci svela  molte strategie dell’industria alimentare, fornendoci gli strumenti per riflettere sul contributo delle multinazionali del cibo sull’allarme obesità.

Si chiama bliss point ovvero punto di beatitudine, quello stato di appagamento indotto da un cibo che spinge a volerne ancora.

Accade principalmente con i prodotti confezionati: le chips, una merendina, gli snack salati e altro ancora. E non è un caso, né una nostra insana passione per tutto quel che è cibo spazzatura. Ma il risultato di un preciso lavoro di laboratorio che studia, e usa, il quantitativo esatto di zucchero, grassi, sale per generare nel consumatore proprio quel tipo di piacere, quello per cui si è indotti a mangiarne o berne ancora.

E diventare, potenzialmente, un consumatore compulsivo. Si tratta di provocare un desiderio indotto, la pulsione a ripetere l’esperienza e ricreare quindi le condizioni di quel piacere.

Accade con tutti i prodotti dell’industria alimentare: vengono progettati a tavolino per agire su alcuni meccanismi neurologici in modo simile alle droghe e indurre una sorta di dipendenza. E lo fanno proprio grazie a questa parabola di grassi-sale-zucchero.

CIBO come DROGA

Nel libro l’autore spiega come le grandi aziende americane hanno puntato su questi tre ingredienti per rendere sempre più appetibili i cibi e fare raggiungere al consumatore il cosiddetto punto di beatitudine (bliss point). La teoria è molto interessante e concreta: le persone arrivano a desiderare quel prodotto, spinte da una sorta di dipendenza come se fosse una nuova droga.

Per questo motivo la guerra al junk food deve utilizzare le stesse strategie della lotta contro il tabacco. La differenza sostanziale è che il cibo non è una scelta deliberata come le sigarette o l’alcol, ma una necessità e un bisogno primario.

Non solo la quantità

Le aziende non si limitano a sfruttare questi tre ingredienti ma studiano in modo rigoroso le quantità, la composizione, addirittura la grandezza dei singoli elementi: sale super fine per sollecitare meglio le papille gustative, particelle di grasso distribuite in modo particolare, e zucchero o derivati con un potere dolcificante aumentato di 200 volte.

Vengono effettuati anche test di risonanza magnetica per capire quali aree del cervello sono coinvolte e come aggiustare la quantità di zuccheri, sale e grassi in modo da “accendere” le aree collegate al piacere. Come scrive nel suo libro Moss:

«…l’industria attua una sofisticatissima ricerca del potere di attrazione e non lascia nulla al caso. Alcune delle maggiori aziende si stanno servendo di risonanze magnetiche del cervello per studiare come reagiamo sotto il profilo neurologico a certi alimenti»

Gli snack  sono calorie vuote, l’organismo non le registra come nutrienti, e quindi continua a cercare altro cibo, possibilmente proprio quello che dà appagamento. Il bliss point è continuamente chiamato in causa, e continuano le ricerche per innalzare la soglia del punto di piacere

L’obiettivo, ovviamente, è sollecitare il desiderio di consumarne sempre di più, fino alla dipendenza.

Le definiscono food addiction, dipendenze da cibo.

Nel libro-inchiesta Moss chiama in causa noti marchi del settore alimentare, svelandone pratiche poco chiare e pubblicità ingannevoli.

Il cosiddetto junk food , il cibo spazzatura, è l’imputato principale, ma con esso sono chiamati in causa molti altri alimenti  pronti, precotti o surgelati; pizza, primi o secondi piatti che somigliano SOLTANTO a quelli fatti in  casa. In  realtà, sono  carichi di grassi e sale,  per spingerci a consumarne sempre di più.

TUTTA COLPA DELL’EVOLUZIONE

Ma da dove nascono queste preferenze alimentari? A quanto pare, sono un retaggio evolutivo. Attraverso il gusto si distingueva tra buono e pericoloso, individuando nel dolce e nel salato i sapori della sopravvivenza, nell’acido e nell’amaro quelli del rischio.

In conclusione del libro, Moss ci ricorda che la conoscenza è potere. Infatti, le multinazionali

«Possono avere dalla loro parte sale, zucchero e grassi, ma noi, in fin dei conti, abbiamo il potere di compiere delle scelte. In fondo, siamo noi a decidere cosa acquistare. Siamo noi a decidere quanto mangiare»

VOTO: 9/10

Un libro  per saperne di più e compiere scelte consapevoli. Perché, come ci insegna l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il 70 % delle malattie dipende da cattiva alimentazione.

LA SALUTE PASSA DALLA TAVOLA

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Pubblicato da lacuocaignorante

Lacuocaignorante è una grande curiosona ed ama cucinare, leggere, viaggiare. In una vita precedente (ovvero prima del matrimonio) ero un ingegnere meccanico. Oggi mi occupo del mio Maritozzo e dei nostri tre gatti, insegno materie scientifiche, realizzo siti internet e continuo ad istruirmi!