FICHI D’INDIA la pianta

FICHI D’INDIA la pianta

“TENACE MONUMENTO DEI DESERTI”

Stamattina vi ho proposto una ricetta con questi deliziosi frutti, molto amati in Casa Ignorante. Infatti mi sono resa conto di non avervi mai accennato a questi spinosi amici! Rimedio subito e vi racconto perché ci piacciono tanto, quasi quanto i fichi veri e propri!

Cominciamo dalla pianta, molto particolare, che mi ha sempre affascinato tantissimo per la sua capacità di resistenza!

FICHI D’INDIA la pianta

I fichi d’India sono i frutti dell’omonima pianta, originaria del Messico, priva di tronco e rami, con foglie carnose e spinose.

Il nome scientifico del fico d’india è Opuntia ficus-indica e si tratta  di una pianta appartenente alla famiglia delle Cactacee e al genere opuntia, ormai naturalizzata in tutto il bacino del Mediterraneo e nelle zone temperate di America, Africa, Asia e Oceania.

Considerata sacra dagli Aztechi, la pianta arrivò in Europa già attorno al 1493 e si diffuse poi in tutto il Mediterraneo.

La pianta può raggiungere i 4-5 metri di altezza. Il fusto è composto da cladodi, meglio noti come pale. Sono fusti modificati, di forma appiattita e ovaliforme, lunghi da 30 a 40 cm, larghi da 15 a 25 cm e spessi 1,5-3,0 cm, che, unendosi gli uni agli altri, formano delle ramificazioni.

I cladodi assicurano la fotosintesi clorofilliana, sostituendosi alle foglie. Sono ricoperti da una cuticola cerosa che limita la traspirazione e rappresenta una barriera contro i predatori. I cladodi basali, intorno al quarto anno di crescita, vanno incontro a lignificazione dando vita ad un vero e proprio tronco.

Le vere foglie hanno una forma conica e sono lunghe appena qualche millimetro. Appaiono sui cladodi giovani e sono effimere.

Le spine propriamente dette sono biancastre, sclerificate, solidamente impiantate, lunghe da 1 a 2 cm. Esistono anche varietà di Opuntia inermi, senza spine.

glochidi sono invece sottili spine lunghe alcuni millimetri, di colore brunastro, che si staccano facilmente dalla pianta al contatto, ma essendo muniti di minuscole scaglie a forma di uncino, si impiantano solidamente nella cute e sono molto difficili da estrarre, in quanto si rompono facilmente quando si cerca di toglierle. Sono sempre presenti, anche nelle varietà inermi. In pratica, sono quella sottilissima peluria che troviamo sui frutti!

L’apparato radicale è superficiale, non supera in genere i 30 cm di profondità nel suolo, ma di contro è molto esteso.

I fiori si differenziano generalmente sulle pale di oltre un anno di vita. I fiori giovani portano delle foglie effimere caratteristiche della specie. Un cladode fertile può portare sino a una trentina di fiori, ma questo numero varia considerevolmente in base alla posizione che il cladode occupa sulla pianta, alla sua esposizione e anche in base alle condizioni di nutrizione della pianta. Hanno bellissime tonalità che vanno dal giallo all’arancio e spuntano da maggio in poi

Il frutto è una bacca carnosa, uniloculare, con numerosi semi (polispermica), il cui peso può variare da 150 a 400 g.

Le sue varietà si distinguono in base al colore del frutto, che può essere giallo, bianco oppure rosso, e in base alla presenza o meno di semi.

Anche la forma è molto variabile, non solo secondo le varietà ma anche in rapporto all’epoca di formazione. Mentre i primi frutti sono tondeggianti, quelli più tardivi hanno una forma allungata e peduncolata.

Ogni frutto contiene un gran numero di semi, nell’ordine di 300 per un frutto di 160 g. Molto dolci, i frutti sono commestibili e hanno un ottimo sapore. Una volta sbucciati e privati delle punte si possono tenere in frigorifero e mangiare freddi.

Oltre che fresco, il frutto può essere utilizzato in marmellate e canditi ed è l’ingrediente base di un tipo di mostarda tipico della Sicilia.

FICHI D’INDIA LA PIANTA. COLTIVARE IL FICO D’INDIA

Volete provare a coltivare un fico d’India nel vostro giardino? Niente di più facile. Come per tutte le cactacee, vi basterà piantare direttamente un cladode nella terra umida. In poco tempo, la pala svilupperà le sue radici e attecchirà al terreno.

Prossimamente vi racconterò i miei esperimenti “botanici” con i fichi d’India!

FICHI D’INDIA la pianta. Usi in cucina di frutti e pale

Come dicevamo, oltre ad essere consumati freschi, i fichi d’India possono essere utilizzati per la produzione di succhi, liquori, gelatine, marmellate, dolcificanti ed altro.

Anche le pale possono essere mangiate fresche, in salamoia, sottoaceto, canditi, sotto forma di confettura. Vengono utilizzati anche come foraggio.

ATTENZIONE:  Non mangiatene troppi!

Infatti un consumo eccessivo  può causare occlusione intestinale meccanica dovuta alla formazione di boli di semi nell’intestino crasso. Per questo va mangiato in quantità moderata e accompagnato da pane per impedire ai semi, durante l’assorbimento della parte polpacea, di conglobarsi e formare i “tappi” occlusivi.

Peculiari della tradizione messicana sono diversi prodotti ricavati dai fichi d’India:

  • miel de tuna, uno sciroppo ottenuto dall’ebollizione del succo
  • queso de tuna, una pasta dolce ottenuta portando il succo alla solidificazione
  • melcocha, una gelatina ricavata dalle mucillagini dei cladodi
  • colonche una bevanda fermentata a basso tenore alcolico.

Le pale del fico d’India (nopales), spinate accuratamente e scottate su piastre arroventate di pietra o di ferro, fanno parte delle abitudini alimentari del Messico, così come di altri paesi latinoamericani. Non è difficile trovarne nei mercati rionali già pronte all’uso o vendute dagli ambulanti per le strade, insieme a crema di fagioli, mais e cipolla.

In Sicilia si produce tradizionalmente uno sciroppo, ottenuto concentrando la polpa privata dei semi, del tutto simile come consistenza e gusto allo sciroppo d’acero, ed utilizzato nella preparazione di dolci rustici.

È utilizzato anche come infuso per un liquore digestivo.

FICODINDIA dell’ETNA DOP

Sull’Etna cresce poi il frutto DOP, con polpa giallo.rossiccia e semi legnosi. E’ prodotto in provincia di Catania, nelle zone dei paesi etnei alle falde del vulcano, quindi le zone di AdranoBiancavillaBelpassoPaternòMotta Sant’AnastasiaSanta Maria di Licodia e San Cono.

La produzione dei frutti avviene secondo tecniche secolari applicate alla pianta. La prima fioritura avviene tra maggio e giugno con formazione dei frutti verdi. Per ottenere un prodotto di maggiore qualità si applica la tecnica detta di scozzolatura, che porta ad eliminare i frutti fioriti per ottenere dei frutti più grossi e buoni. L

a seconda fioritura avviene tra settembre e dicembre e dà luogo a frutti denominati in dialetto fioroni, che garantiscono la produzione.

I ficodindia vengono poi raccolti, immagazzinati e impaccati secondo una tecnica detta “senza spine” che caratterizza la commercializzazione. In pratica, per essere venduto, il frutto deve essere ripulito dalle spine che lo ricoprono e poi imballato.

Il ficodindia dell’Etna deve avere delle caratteristiche tipologiche, di cultivar, di colore, forma e qualità che ne denotano il prodotto e che lo acquisiscano alla tutela DOP.

Se ne coltivano tre diverse varietà:

  • Sanguigna,con polpa rossa;
  • Sulfarina, con polpa gialla;
  • Muscaredda, dal caratteristico colore bianco e sapore più delicato.

Con la polpa matura dei ficodindia dell’Etna si preparano i Mastazzoli , un dolce fatto con la polpa matura, cotta per ore al fine di ottenere un impasto caramellato, che viene poi riposto in piatti porcellanati e fatto essiccare al sole: viene servito con spolveratura di noci tritate e zucchero a velo.

Nei prossimi articoli parleremo dei frutti e intanto vi continuerò a postare ricette con questi frutti

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Pubblicato da lacuocaignorante

Lacuocaignorante è una grande curiosona ed ama cucinare, leggere, viaggiare. In una vita precedente (ovvero prima del matrimonio) ero un ingegnere meccanico. Oggi mi occupo del mio Maritozzo e dei nostri tre gatti, insegno materie scientifiche, realizzo siti internet e continuo ad istruirmi!