Antonio Abate santo protettore degli animali

Antonio Abate santo protettore degli animali. Festeggiamolo insieme il 17 Gennaio.

Non è poi così vero che l’Epifania tutte le feste si porta via!

Per fortuna, passato il tour de force natalizio, arrivano le feste dei Patroni!

Il 17 gennaio, è il momento di festeggiare Sant’Antonio Abate, un Santo molto apprezzato nel mio paese d’origine.

Infatti esiste un’operosa confraternita che organizza una bellissima festa di piazza con tanto di falò in onore del Santo eremita

Antonio Abate, l’eremita-contadino

Forse non tutti sanno che quella di Sant’Antonio Abate è una festa nata in tempi antichissimi, per augurare buoni raccolti ai contadini. Celebrata ogni anno il 17 gennaio, si tratta di una delle feste più apprezzate dai contadini e dalle comunità agricole. In particolar modo in Sardegna ma non solo: dalla Lombardia all’Abruzzo, passando per il Lazio, gran parte dell’Italia gli rende omaggio.

LA VITA IN BREVE

Sant’Antonio d’Egitto (Qumans (l’antica Coma), 251 circa – deserto della Tebaide, 17 gennaio 357) è stato un abate ed eremita egiziano, considerato il fondatore del monachesimo cristiano e il primo degli abati (cioè padri spirituali, da abbà, che in ebraico significa padre).

Rimasto orfano a 20 anni, decise di abbandonare ogni ricchezza e di darsi alla vita monastica. Inizialmente restò nei pressi di Coma, in un luogo solitario, dedicandosi alla preghiera ed al lavoro. Ben presto però i  suoi concittadini iniziarono a recarsi da lui per riceverne consiglio, aiuto, consolazione.

In questo modo disturbavano la sua meditazione, per cui Antonio si spostò più lontano, verso il Mar Rosso.

Sui monti del Pispir

Sulle montagne del Pispir c’era una fortezza abbandonata, infestata dai serpenti, ma con una fonte sorgiva: Antonio vi si trasferì nel 285 e vi rimase per 20 anni.

Due volte all’anno gli veniva calato dall’alto del pane. In questa nuova solitudine, Antonio volle seguire l’esempio di Gesù, che, guidato dallo Spirito Santo, si ritirò nel deserto «per essere tentato dal diavolo».

Era infatti comune convinzione che solo la solitudine permettesse all’uomo di purificarsi da tutte le cattive tendenze, personificate nella figura biblica del demonio.

DA EREMITA AD ABBA’ (PADRE SPIRITUALE)

Il suo isolamento divenne esemplare per molti altri monaci che si erano ritirati nel deserto e a lui si rivolsero per ricevere il suo insegnamento e la sua guida.

Chiamato ad essere abate, il Santo organizzò alcuni monasteri intorno al suo eremo presso la riva del Nilo, a ridosso delle montagne circostanti.

Ogni monaco aveva la sua grotta solitaria, ma obbediva ad un fratello più esperto nella vita spirituale. A tutti Antonio dava i suoi consigli nel cammino verso la perfezione dello spirito e l’unione con Dio.

CONTRO LE PERSECUZIONI

Nel 311 Antonio non esitò a lasciare il suo eremo, per sostenere i fratelli cristiani contro la persecuzione, ordinata dall’imperatore romano Massimino Daia († 313).

Nella Tebaide

Tornata la pace nell’impero, per sfuggire ai troppi curiosi che si recavano nel fortilizio del Mar Rosso, decise di ritirarsi in un luogo più isolato.

Si recò quindi nel deserto della Tebaide, nell’Alto Egitto, dove visse fino al termine della sua lunghissima vita. Morì infatti a 106 anni, il 17 gennaio del 356 e fu seppellito in un luogo segreto.

L’eredità spirituale

Grazie alla divulgazione della Vita scritta da sant’Atanasio (Atanasio, Vita Antonii) le gesta di Antonio si diffusero in tutta la cristianità ed il suo culto varcò i confini dell’Egitto, estendendosi sia in Oriente che in Occidente.

Ben presto la devozione per il santo assunse caratteri fortemente popolari ed egli fu considerato protettore contro i contagi e l’herpes zoster (detto anche «fuoco di sant’Antonìo»). Reputato un potente guaritore,  quando nel 1491 le sue reliquie furono traslate nella chiesa di Saint Julien, ad Arles, il numero dei malati che chiedevano l’aiuto del Santo divenne presto elevato. Per ospitare tutti gli ammalati che giungevano, si costruì un ospedale e venne fondata una confraternita di religiosi, l’antico ordine ospedaliero degli ‘Antoniani’; il villaggio prese il nome di Saint-Antoine de Viennois.

Santo protettore degli animali domestici

Sant’Antonio abate è patrono dei vigili del fuoco e dei fornai, ma anche dei macellaidei salumieridegli animali domestici e del bestiame.

La sua persona è così profondamente legata alla protezione degli animali domestici che di solito viene raffigurato con accanto un maialino che reca al collo una campanella.

Il 17 gennaio tradizionalmente la Chiesa benedice gli animali e le stalle ponendoli sotto la sua tutela. Questa particolare festa, oltre a ricordare gli animali e la vita del Santo, scandisce anche il tempo tra le semine e i raccolti in agricoltura.

IL MAIALINO: UNA CURIOSITÀ

Il Papa accordò agli Antoniani il privilegio di allevare maiali per uso proprio e a spese della comunità, per cui i porcellini potevano circolare liberamente fra cortili e strade; nessuno li toccava se portavano una campanella di riconoscimento.

Il loro grasso veniva usato per curare l’ergotismo, che venne chiamato “il male di s. Antonio” e poi “fuoco di s. Antonio”.

Per questo motivo, nella religiosità popolare, il maiale cominciò ad essere associato al grande eremita egiziano, poi considerato il santo patrono dei maiali e per estensione di tutti gli animali domestici e della stalla. Sempre per questa ragione, è invocato contro le malattie della pelle in genere.

FALÒ PER IL SANTO

La tradizione vuole che per la festa del Santo vengano accesi, nella notte tra il 16 e il 17 gennaio, grandi fuochi e falò, i cui tizzoni sono presi dal fuoco benedetto dal parroco.

Il fuoco che si sviluppa dai falò ha il compito di purificare ma anche di scacciare il male; infatti c’è chi prende un mucchietto di cenere da tenere fino all’anno prossimo.

Si portano inoltre gli animali, domestici e non, in chiesa per la benedizione. Cani, gatti, criceti ma anche cavalli, pecore e maialini.

Per l’occasione vengono offerti ai presenti, ma anche ai visitatori del buon vino, spesso vin brulè, ceci e i dolci tipici. Ogni regione ha i suoi.

Oltre che nel mio paese, anche nei dintorni si tengono numerose feste in onore di Sant’Antonio.

Infatti i centri della Marsica, del medio ed alto corso del Sangro e dell’alto Vomano sono tra i paesi in cui la festività di S. Antonio Abate è particolarmente sentita.

Per l’occasione viene lessato il granturco, che assume il valore di cibo sacrale come le  panette di S. Antonio. I chicchi vengono chiamati per lo più granati o cicerocchi, e ripassati talvolta in padella con olio e peperoncino, vengono offerti devotamente nella giornata del 17 gennaio ad amici e parenti. Qui da noi si offrono i RANATEJ, a base di mais, grano e fagioli

CICEROCCHI, FAVATE E RANATEJ

L’usanza in realtà ha radici non molto antiche e si ricollega  in Abruzzo a periodi successivi all’introduzione della coltivazione del mais (“grano d’India”, donde la voce dialettale grandinie), prezioso cereale che è testimoniato per la prima volta da un documento notarile rogato nel 1720 a Casoli.

Prima della diffusione del mais il rituale avveniva mediante la cottura delle fave, ritenute cibo sacrale per eccellenza. La distribuzione della FAVATA e dei PANETTI è ad esempio tipica di Villavallelonga (vedi). Ma a Villavallelonga si va oltre. Ne riparleremo nel prossimo articolo.

Invece a Collelongo si svolge il caratteristico rito del Cottore (leggi). In determinate case del paese, denominate per l’occasione cottore, vengono offerti i «cicerocchi» (granturco cotto nelle pentole di rame e condito con olio e peperoncino).

Se volete sapere in quali Comuni abruzzesi si festeggia il 17 gennaio, cliccate QUI

Per saperne di più, potete cliccare sotto:

Festa di Sant’Antonio Abate:

RICETTE PER IL 17 GENNAIO

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Pubblicato da lacuocaignorante

Lacuocaignorante è una grande curiosona ed ama cucinare, leggere, viaggiare. In una vita precedente (ovvero prima del matrimonio) ero un ingegnere meccanico. Oggi mi occupo del mio Maritozzo e dei nostri tre gatti, insegno materie scientifiche, realizzo siti internet e continuo ad istruirmi!